Mentre le scorse settimane la società Stretto di Messina
aveva annunciato di essere alla ricerca di investitori per la
realizzazione del ponte (peraltro già bocciato dall’Europa come “opera
non prioritaria”) questa mattina la rivista "Scientific Reports" di Nature ha pubblicato uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’università
La Sapienza di Roma, Istituto di scienze marine (Ismar), Istituto
ambiente marino costiero (Iamc) e Istituto di geologia ambientale e
geoingegneria (Igag) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) e
dall’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), che attesta il costante movimento tra la Sicilia e la Calabria (precisamente l'are dell'istmo tra le due regioni) . Le faglie
attive attorno allo stretto di Messina si estendono e si contraggono,
spingendo a diverse velocità e direzioni. Per la raccolta dei dati
gli studiosi hanno utilizzato la nave oceanografica Urania del Cnr offrendo così informazioni importanti sul rischio sismico e geologico, nonchè direttamente sull'assetto geologico-strutturale di questo territorio. “Lo stretto di Messina è una delle zone più sismicamente attive di
tutta l’area mediterranea. Lo studio ha messo in evidenza che la regione dello stretto è
interessata da un complesso sistema di faglie dove coesistono su brevi
distanze regimi tettonici diversi: estensionali, trascorrenti e
compressivi” sintetizza Marco Ligi dell’Ismar.
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