Greenpeace lancia l’allarme ai genitori di tutto il mondo
attraverso il rapporto “Piccoli mostri nell’armadio” diffuso appena qualche ora
fa. L’associazione ha condotto dei test scientifici su alcuni prodotti destinati
ai bambini, realizzati da 12 grande aziende. Alcune di esse molto conosciute e
apprezzate sul territorio barlettano specie in ambito sportivo. Per tutti i
marchi testati è stato rilevato almeno un prodotto contenente sostanze chimiche
pericolose. Le concentrazioni di PFOA (acido perfluorottanico) in un costume da
bagno di un noto marchio sportivo erano molto più elevate del limite previsto
dalla stessa azienda nella sua lista di sostanze proibite. Una maglietta destinata
ai più piccoli conteneva l’11 per cento di FTALATI. Alti livelli di NONILFENOLI
ETOSSILATI sono stati trovati in prodotti di ‘gran classe’ (la cui fantasia è
amata soprattutto dalle donne) e in giocattoli e indumenti realizzati da uno
storico marchio legato al mondo dei bambini.
Chiara Campione, responsabile del progetto The Fashion
Duel di
Greenpeace Italia, ha affermato:«
Questo è un vero incubo per i genitori che desiderino comprare vestiti che non
contengano sostanze chimiche pericolose. Questi piccoli mostri chimici li
troviamo ovunque, dai vestiti di lusso a quelli più economici, e stanno
contaminando i nostri fiumi da Roma a Pechino. Le alternative per fortuna ci
sono e per questo l’industria dovrebbe smettere di usare i piccoli mostri, per
il bene dei nostri bambini e delle future generazioni».
Uno dei principali problemi è che la Cina rimane (e
probabilmente rimarrà a lungo) il maggior produttore al mondo di tessile, i cui
capi d’abbigliamento e calzature arrivano ogni giorno nei nostri armadi. È stato
più volte chiesto al governo cinese di bandire le sostanze pericolose dall’industria,
pubblicando altresì una lista nera di
sostanze da eliminare, chiedendo alle imprese di agire immediatamente rendendo
pubbliche le informazioni sulle sostanze impiegate, per facilitare un processo
di trasparenza e pulizia di intere filiere. PFOA, ftalati e nonilfenoli
etossilati, infatti, sono interferenti endocrini, sostanze che, una volta
rilasciate nell’ambiente, possono avere potenzialmente effetti dannosi sul
sistema riproduttivo, ormonale o immunitario.
Dal lancio della campagna “Detox” di Greenpeace nel
luglio 2011, 18 importanti aziende del settore dell’abbigliamento si sono già
impegnate pubblicamente riconoscendo l’urgenza
di comportarsi da leader sulla scena globale, impegnandosi a non
rilasciare più sostanze chimiche pericolose entro il 1 gennaio 2020. «Grazie alla pressione dei genitori e dei
consumatori in tutto il mondo, alcuni dei maggiori marchi hanno già iniziato un
percorso orientato alla trasparenza e all’eliminazione delle sostanze tossiche
dalla loro filiera, ma ancora non basta».
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