Sette storie di stalking, con sette
vittime e sette persecutori al centro di un romanzo che tenta di
analizzare le dinamiche ossessive e i legami morbosi di un reato troppo
spesso sottaciuto.
Margherita, Elena, Signe, Flaminia,
Alice e Tiziana: sei donne sole sull’orlo della depressione, con
problemi, al lavoro e in famiglia, che spesso sfogano le loro
frustrazioni in alcol, farmaci e sesso occasionale. Sei donne
violentate, maltrattate, umiliate e perseguitate, che solo dopo aver
conosciuto l’orrore dell’inferno, trovano la forza di rinascere e
volersi bene. Sette storie, sette vittime, sette persecutori.Sette
donne che inconsapevolmente si ritrovano nello stesso posto, ognuna con
la propria tragedia lasciata alle spalle, con le ferite ancora da
rimarginare, con un unico desiderio: vivere senza dover più aver paura.
Quelle che Marilina Veca narra nel suo romanzo, Sette volte sette,
edito da Kimerik, con estrema sensibilità, sono sette storie di
persecuzione, figlie di un mostro chiamato stalking. Nonostante dal 2009
lo stalking sia a tutti gli effetti un reato, sul fenomeno circolano
ancora troppe inesattezze e le modalità di intervento nei confronti
delle vittime sono ancora poco omogenee. Non a caso molti di questi casi
sfociano in un omicidio. L’intento ben riuscito di questo breve romanzo
è quello di dare informazioni su questa forma di attaccamento perverso e
ossessivo, cercando di delineare le dinamiche comunicative che
intercorrono tra la vittima e il suo persecutore, illustrando la
capacità dello stalker di costruire e imporre un legame esclusivo,
morboso, sconvolgente, ma soprattutto pianificato a tavolino. Lo stile
persecutorio delle “molestie assillanti” variano di caso in caso ma lo
stalker è sempre convinto di esercitare i propri “diritti”, dunque
determinato nel suo obiettivo: una relazione reale o virtuale con
l’oggetto della sua ossessione. Come? Scavando nel passato della vittima
e facendo leva sulle sue fragilità e ambiguità, con astuzia e lucidità,
senza alcun senso di colpa per la devastazione psicologica provocata
alle malcapitate, che a volte vengono addirittura convinte della
giustizia del trattamento a loro inflitto. Per questi soggetti amare ed
essere amati significa possedere completamente l’altro. Ed è proprio
questo senso di assoluto e inspiegabile possesso che emerge crudelmente
dalle pagine di Sette volte sette e che cattura l’attenzione
del lettore, trascinandolo nel vortice di queste sette storie di vite
lacerate da ferite insanabili, in cui purtroppo molte donne possono
identificarsi. Una lettura scorrevole, ma talmente cruda e reale, da non
permettere di poter rimanere ancora in silenzio davanti a questo
fenomeno che ogni giorno continua a mietere vittime.
Giusy Del Salvatore
Recensione pubblicata nella sezione Libri del settimanale TempoVissuto
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