Il 27 gennaio 1954, l’Armata
Rossa chiuse per sempre le mortali porte del Campo di concentramento di Auschwitz, un luogo concepito dai nazisti
come “soluzione finale del problema ebraico” ossia il loro sterminio. Qui,
furono deportate più di 1 milione e 300.000 persone; 900.000 furono uccise
nelle camere a gas e nei forni crematori, immediatamente dopo essere arrivate;
altre 200.000 morirono di fame, per infezioni o malattie.
All’arrivo delle
truppe sovietiche, nonostante i tentativi di depistaggio da parte dei nazisti, furono
trovati circa 7000 prigionieri allo stremo ma ancora in vita, migliaia di
indumenti e oggetti vari abbandonati, alcune “camere della morte” distrutte e
ben otto tonnellate di capelli umani imballati e pronti per essere trasportati.
Oggi, in Italia, grazie alla “Giornata
della Memoria” (Articolo 1, Legge 211, del 20 luglio 2000) si ricordano
ufficialmente tutte le vittime di quest’assurda e spietata violenza dettata dal
nazionalsocialismo.
Non ci si poteva aspettare altro,
infatti, se non una grande commozione da parte dello stesso presidente della
Repubblica, Giorgio Napolitano, durante il suo interveto al Quirinale, per celebrare oggi questa
importantissima ricorrenza. Queste alcune sue parole: «La “Scuola di Memoria”, che sta sviluppando il ministro dell’Istruzione
italiana con l’unione delle Comunità ebraiche, per ricordare il dramma della
Shoah, rappresenta il miglior antidoto a quei rigurgiti di negazionismo e
antisemitismo, di intolleranza e di violenza, che per quanto marginali, sono
fenomeni da stroncare sul nascere. L’Europa stessa deve rappresentare il
baluardo contro ogni ricaduta nel nazionalismo, nella ricerca del nemico, nel
rifiuto del diverso. Pur dovendo fare i conti con le nostre assillanti realtà,
non dobbiamo perdere di vista il senso e i valori della costruzione europea. L’impegno
deve essere quello di coltivare queste conquiste contro ogni regressione. Un atteggiamento
che è il modo più giusto e fecondo di rendere omaggio alla memoria delle
vittime della Shoah, al sacrificio, alla resistenza, alla rinascita del popolo
ebraico».
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