La minaccia dei petrolieri ai mari italiani, mai venuta meno
negli ultimi anni, si estende ora alle acque dello Ionio, al largo di Santa
Maria di Leuca, su un’area che, secondo la Convenzione sulla Biodiversità (Convention on Biological Diversity -
CBD), è classificata come EBSA, ovvero come particolarmente preziosa
per l’ecosistema marino nel suo complesso. È quanto denuncia Greenpeace Italia
con un nuovo rapporto, “Troppo rumor per nulla. Un altro assalto degli air gun al nostro mare, tra Adriatico e Ionio”.
La ricerca di nuovi giacimenti di fonti
fossili sotto i nostri fondali è il fattore che muove, in questo caso, la
Edison S.p.A. (Permesso di Ricerca di Idrocarburi Liquidi e Gassosi “d
84F.R-EL”), e avverrebbe ancora una volta con la tecnica dell’air gun. Un dispositivo che, generando
artificialmente onde d’urto e analizzandone la riflessione sui fondali marini,
permette di identificare i depositi di idrocarburi offshore. Per la ricerca di
un giacimento marino sono impiegati decine di air gun, disposti su due file a
una profondità di 5-10 metri: producono violente detonazioni ogni 10-15 secondi
per settimane, continuativamente. Il rumore generato è almeno doppio rispetto a
quello del decollo di un jet.
Gli effetti
dannosi delle esplosioni sull’ecosistema marino sono documentati in numerosi
studi e in questo caso colpirebbero molto specie: tonni, pesci spada, squali,
mobule, cetacei, tartarughe caretta. Nonché habitat di profondità con organismi
come coralli e spugne che
rappresentano importanti serbatoi di biodiversità, sono aree di riproduzione di
numerose specie ittiche di importanza commerciale e contribuiscono al
riciclaggio di materia organica nella catena trofica.
«Ci sono Paesi che hanno vietato la ricerca, e
quindi l’estrazione, di nuovi giacimenti fossili nei loro mari. Ultima in tal
senso la Nuova Zelanda, che sta rinunciando a riserve infinitamente più
consistenti di quelle presenti sotto i nostri fondali, pur di proteggere questi
ecosistemi, il clima e ogni altra attività economica legata al mare e
potenzialmente danneggiata dal petrolio. Cosa aspetta l’Italia a darsi un
indirizzo conseguente con gli impegni presi in sedi internazionali come l’Accordo
di Parigi?», dichiara Alessandro Giannì, Direttore delle Campagne di Greenpeace
Italia.
Greenpeace ricorda nel suo rapporto che “la scoperta dei
banchi di coralli di acque fredde (o di profondità, o “coralli bianchi”) al
largo di Santa Maria di Leuca ha fatto di questo tratto di mare un’area di
primissimo interesse biologico. Si tratta di comunità dominate da Madrepora oculata e Lophelia pertusa. Questi banchi di coralli di profondità sono un
hot spot di biodiversità. Ci sono non meno di 222 specie a profondità tra 280 e
1121 metri. Spugne (36 specie), molluschi (35), cnidari (o celenterati:
coralli, anemoni…: 31 specie), anellidi (24 specie, di cui una trovata qui per
la prima volta nel Mediterraneo), crostacei (23), briozoi (19) e 40 specie di
pesci”. Secondo l’associazione ambientalista la richiesta di permesso
presentata da Edison per sondare i fondali di questo tratto di mare è lacunosa
ed omissiva, nel valutare i possibili impatti dell’air gun sull’ambiente. Per
questo l’associazione presenterà le sue osservazioni nel merito al Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare, per chiedere il respingimento di questo ennesimo
tentativo di oltraggio ai nostri mari.
Greenpeace auspica
che le istituzioni locali si attivino per contrastare una prospettiva che
minaccerebbe turismo, pesca e comunità costiere; e auspica inoltre che sulle
attività di ricerca di nuovi giacimenti, che interessano l’intero Adriatico e
alcune aree dello Ionio, si ascolti anche la voce della società civile di quei
territori, da tempo e in larga misura contraria a questa prospettiva.
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