Oggi ho
intrapreso un viaggio a cavallo di minime e crome, una passeggiata
extrasensoriale sulle note dei Gadjos, il quintetto hard rock italiano che ho
avuto il piacere di presentarvi qualche mese fa. E così Luca Raguseo (vocal),
Claudio Renton Doronzo (bass), Marco Pistillo (drums), Cosimo Orofino (tastiere
& synth) e Antonio Lanotte (chitarre) mi trascinano nel loro mondo che
regala schiaffi e caramelle. Metto le
cuffie, chiudo gli occhi e mi ritrovo improvvisamente nella valigia dei Gadjos
in compagnia di mille spartiti che prendono vita davanti ai miei occhi. Il viaggio comincia con una carica
esplosiva sballottandomi subito in una sonorità rock che si sposa perfettamente
con la voce graffiante di Luca e che non può fare a meno di farmi immaginare
nel mezzo di una folla entusiasta o arrabbiata ma comunque ‘pogante’. Quasi
scalpito nella valigia, comincia a starmi stretta quando i Gadjos mi danno il Benvenuto qui e mi mostrano la loro
anima sorridente, i giri di parole e le
carezze portate via dal vento che fa vibrare diabolicamente la
strumentazione producendo echi ipnotici.
Sembra che
qualcuno bussi alla mia valigia. È sempre Luca. Questa volta si annuncia con
una sonorità diversa, con una melodia che tento di afferrare ma che scivola
dalle mie mani, perché impaziente di raccontarmi la Storia di un diavolo. E vuole farlo attraverso i sogni, attraverso i
lividi. Mi parla della sua pelle che si ciba di fuochi notturni, delle sue
storie d’amore che vivono come fobie nel vento perché “siamo lembi di carne colori e parole”. E mi commuove, perché il
rock ti mette a nudo l’anima e su di me esercita alla perfezione il suo potere.
A riportarmi alla realtà della mia valigia ondeggiante è un’intera Generazione che si ribella e urla a squarciagola
perché lasciata all’angolo. Eccola che mi sballotta a ritmo della batteria di Marco, i cui
colpi arrivano come proiettili sbattendomi in faccia tutto il silenzio del
mondo, qual silenzio che troppo spesso opprime noi giovani sognatori,
rendendoci sterili e schiavi del sistema.
Quando penso che
ormai la valigia sia lacera e che il mio viaggio potrebbe terminare da un
momento all’altro, i Gadjos mi prendono in braccio, mi tranquillizzano e mi
cullano sui tasti di un pianoforte. Ci commuoviamo insieme, Come rondini fragili e piccole, strette
in un abbraccio invisibile, danzando tra le anime e i colori di un mondo che
piange e si abbandona all’inutile. D’improvviso la mia valigia si apre. Davanti
a me c’è una Iena che ringhia e mi
annusa sinuosa mostrandomi le sue cicatrici. Riesco a sentire il suo cuore
impazzito, la sua energia che s’insinua sotto la mia pelle, la sua voce che
strilla: “Prova a sognare come i
viaggiatori, non c’è tassa sulla libertà!”. Siamo io e lei, nel nulla di un
sogno, nella realtà nera che cerca di carpirci l’anima. Siamo io e lei “sangue contro sangue mentre proviamo a dare
fuoco al liquame”. Nel frattempo la luce filtra dal cumulonembo che si era
formato intorno a noi e tutto si fa più nitido. La mia amica iena si è
smaterializzata, mi manca, vorrei sapere dov’è, vorrei sfidarla ancora. E
mentre i pensieri fanno a cazzotti nella mia mente, sento una musica in
lontananza. È come se la riconoscessi, c’è qualcosa di familiare in lei, di
popolare, di contagioso. E allora la inseguo, anche se non so bene che
direzione prendere, ma mi faccio guidare da lei come se fosse la madre di ogni
mio istinto. Corro, mi addentro in un tunnel nero come la pece ma non vedo luce
all’orizzonte. All’improvviso la vedo, vedo la musica, vedo loro, i Gadjos,
sono in una sorta di Giungla selvaggia.
“Sei disposta a lanciarti nella mischia?
A devastare l’anima che c’è in te?”. Ma secondo voi cosa si può rispondere
a Luca che con i suoi occhi pirotecnici che ti fa sentire come un vulcano in
eruzione? Facciamolo!
E mentre ci
devastiamo l’anima e le ossa, c’è un boato. L’aria si addensa, il palco della
band s’infiamma. Evidentemente sono morta senza accorgermene, mentre tentavo di
scoprire l’identità del Mito che dimorava quella giungla sconvolgente, e questo
è il mio inferno. No, è la Gola del
peccato in cui alcune seducenti sonorità gitane si intrecciano alle corde
di quegli strumenti che trasudano rock e mi ammaliano come se fossero le mie
sirene. Devo stare attenta, sono nel covo delle tentazioni, un covo stretto e
cilindrico. Mi arrampico sull’unica parete che ho davanti, non so come ci
riesco perché è viscosa, in realtà è una lingua, ma sento di andare verso la
mia salvazione e di scampare alle “fiamme
del peccato dove la luna è un’incarnazione immaginaria”. Quando raggiungo
la cima di quel cavo orale infernale c’è qualcosa che proprio non mi aspettavo
di vedere: un’orchestra. Tra i vari musicisti ci sono anche loro Luca, Antonio,
Claudio, Marco e Cosimo. Sono tutti immobili, hanno le lacrime agli occhi e si
rivolgono ad un enorme cumulo di macerie. Stanno evocando lei, la Madre dai capelli d’argento e dalla pelle onirica che tutto ci cambierà,
mentre lampi di luce scarlatta annebbiano la vista e i sensi. Mentre li
osservo con devozione, qualcuno mi prende per mano, si chiama Alessandro.
Insieme ci uniamo a quella preghiera solenne dedicata a tutte le vittime dei
due terremoti che hanno ferito l’Italia, quello abruzzese e quello emiliano.
Chiudiamo gli occhi e respiriamo insieme queste ultime note solidali.
Ve l’avevo già
detto a maggio: i Gadjos sono da provare!
Potete acquistare il cd o le singole tracce QUI
recensione extrasensoriale! mi sono proprio incuriosito...
RispondiEliminaMamma...ke dire.ma è un cd o un libro?:) complimenti davvero. E cmq grandiii Gadjos.recensione da sballo..ho sognato
RispondiEliminavoglio viverla anch'io cosi la musica...grande!
RispondiEliminavoglio quella valigia, devo averla!!! pezzo fantastico complimenti ;)
RispondiEliminaLa recensione , colma di pennellate sapienti, evoca immagini che solo l' anima può riprodurre ! Cercherò la musica sul web, incuriosita dalla tue empatiche parole.
RispondiEliminaTalora la musica rock sconosciuta in una certa fascia di età è una sorpresa se a narrartela sono i giovani che come te la sanno far condividere.
Mi accadde così che mi appassionai ai Muse in passato. Origin of Symmetry
dei Muse mi rapì totalmente. Non immaginavo che il rock di certi musicisti avesse a che fare con le emozioni della musica classica. Grazie a voi giovani così intensi riemerge anche a 60anni la nostra parte sopita ma non persa !!