Nei giorni scorsi, i consiglieri regionali del M5S hanno depositato un’interrogazione diretta all’Assessore regionale all’ambiente Domenico Santorsola in merito alla problematica inerente la presenza di polveri tossiche prodotte dallo stabilimento ILVA che “sfuggono” ai monitoraggi posti in essere da ARPA.
“Una interrogazione che nasce in seguito alla lettura dei dati estremamente preoccupanti contenuti in un dossier presentato da “Peacelink” lo scorso 14 settembre, – dichiara il consigliere Marco Galante – il quale denuncia la presenza sul territorio tarantino di “polveri nere” provenienti dall’Ilva che si depositano sui balconi e sulle finestre
dei cittadini di Taranto. Polveri delle quali non esistono dati
ufficiali né in merito alla composizione chimica né alla relativa
tossicità, non rientrando nei parametri dei modelli previsionali
adoperati all’uopo da ARPA.”
Il
consigliere pentastellato ricorda come tuttavia si tratti di polveri
che derivano dai processi produttivi dell’acciaieria, nonché dai
processi di combustione, e che quindi sono molto più tossiche di quelle
rosse dei parchi minerali, contenendo diverse sostanze tra cui diossine,
metalli pesanti ed IPA.
“Credo che non sia plausibile, ad oggi, che vi sia una totale mancanza di informazione in merito alla presenza di tali polveri e alla loro elevatissima tossicità. – prosegue Galante – L’ARPA deve adeguare il suo modello previsionale a tutte le tipologie di polveri emesse dagli stabilimenti in funzione, affinché i cittadini possano ricevere le informazioni utili a tutelare la propria salute che è perennemente a rischio. Per tale motivo abbiamo chiesto all’Assessore Santorsola quali siano le misure che intende assumere per ovviare a questo problema. Ciò che mi fa rabbia – conclude il consigliere della provincia di Taranto – è che nonostante la presenza di studi e di dati epidemiologici che confermano il nesso di causalità tra l’attività dell’Ilva, l’inquinamento da essa prodotto e le malattie, nonché le morti, che ne derivano, ci sono ancora persone che sostengono pubblicamente la bonarietà e la imprescindibilità di questo stabilimento per il territorio jonico. Noi ribadiamo quanto abbiamo detto nel corso del convegno di qualche settimana fa: “Riconvertire si può”. Ed è fondamentale per tutelare diritti costituzionalmente garantiti come la salute ed il lavoro.”
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