«Il Pianeta ha ormai dichiarato l’emergenza climatica, non possiamo più stare a guardare. La situazione sul Monte Bianco, con il ghiacciaio Planpincieux che si sta sciogliendo ed è a rischio crollo, certifica ancora una volta la gravità della crisi climatica in corso. E di fronte a fatti di tale entità, non è più possibile limitarsi alle sole parole, ma occorrono azioni urgenti e concrete». È quanto dichiara Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia, riferendosi a quanto sta accadendo in queste ore in Valle d’Aosta.
Per
l’organizzazione ambientalista, il governo italiano dovrebbe iniziare da subito
a mettere in pratica quattro misure urgenti:
●
Comunicare il piano di chiusura di ogni centrale a carbone,
considerando che tutto il settore chiuderà finalmente i battenti entro il 2025.
Occorre chiarire quando ogni centrale terminerà di operare e cosa sarà dell’impianto
che si andrà a chiudere: se l’idea è sostituire le centrali a carbone con
impianti a gas, significa che ci si sta ostinando a commettere gli stessi gravi
errori del passato;
● Azzerare
i sussidi alle fonti fossili. Nel decreto clima che si discuterà la prossima
settimana dovrebbe esserci la proposta di diminuire i soldi pubblici che
finiscono a fonti sporche di energia del 10 per cento ogni anno, per i prossimi
4 anni, per poi azzerarli entro il 2040. Questo, nella migliore delle ipotesi,
significherebbe che per almeno altri 20 anni verrebbero finanziati i
cambiamenti climatici con i soldi pubblici. È qualcosa che non possiamo
permetterci. Occorre un piano che azzeri questi sussidi al massimo entro 5 anni (2025), cominciando ad esempio dai fondi elargiti per attività di
ricerca ed estrazione di idrocarburi. E tutti i soldi risparmiati dovranno
essere dirottati su energie rinnovabili e efficienza energetica;
●
Chiarire come e quando verranno fermate le attività estrattive, specificando
che fine faranno le vecchie piattaforme da dismettere. Al momento c’è una
moratoria sui nuovi permessi, ma tra pochi mesi questa pausa finirà, e porzioni
di mare e territorio del nostro Paese rischiano di finire di nuovo in mano ai
petrolieri. Il governo deve indicare chiaramente che i combustibili fossili
(gas e petrolio in questo caso) devono rimanere dove sono: sottoterra.
●
Modificare subito il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima
(PNIEC). Secondo la scienza restano 11 anni per mettere in campo azioni
concrete contro i cambiamenti climatici, e 10 di questi 11 anni sono contenuti
nel PNIEC che verrà approvato entro dicembre. Non sono ammessi errori, e insistere
con un piano miope come quello attualmente in bozza non è tollerabile: servono obiettivi
di riduzione delle emissioni più ambiziosi, mentre invece il governo sta
puntando addirittura ad aumentare l’uso del gas, un combustibile fossile spacciato
come “amico del clima” e che invece emette CO2, alimentando la crisi climatica.
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