Grazie
alla Pet Therapy gli animali non sono solo più merce di consumo o semplici passatempi,
ma sono impiegati a livello terapeutico con soggetti portatori di handicap,
cardiopatici, ansiosi, depressi, anziani e bambini affetti da disturbi anche
gravi della personalità, in ospedali, carceri, centri psichiatrici e centri di
recupero per tossicodipendenza. In questa terapia è fondamentale individuare
nell'animale la chiave di lettura dei risultati raggiunti.
L’utilizzo
in modo consapevole degli animali in terapia risale al 1792, anno in cui
William Tuke in Inghilterra incoraggiava i suoi pazienti, malati mentali, a
prendersi cura degli animali, intuendo la capacità di incentivare
l'autocontrollo e l'influenza umanizzante di questi ultimi. Nel 1867, in
Germania, un istituto per pazienti epilettici inserì per primo cani, gatti e
altri animali nei suoi programmi terapeutici. Nel 1953 il neuropsichiatria
infantile Boris Levinson, scoprì l'azione positiva di un animale su un bambino
con comportamenti autistici e iniziò le prime ricerche sugli effetti degli
animali da compagnia in campo psichiatrico. Fu
lui, infatti, a coniare il termine Pet Therapy nel suo libro “The dogs
as Co-therapist”. Il significato letterale poteva riassumersi in “terapia
dell’animale da affezione”. Oggi questa definizione è superata visto che
l’attività con gli animali è stata inserita in nuovi contesti terapeutici,
educativi, ludici, ricreative e sociali. Ad ogni modo la Pet Therapy sbarcò in Italia
solo nel 1987 durante un convegno svoltosi a Milano su “Il ruolo degli animali
nella società”.
Secondo
l'Associazione Interdisciplinare Coterapie, si tratta di una co-terapia
strutturata secondo differenti tipologie di intervento così definite:Attività Assistite con Animali (AAA):
interventi di tipo educativo o ricreativo, con la generale finalità di
migliorare la qualità della vita degli
assistiti; Terapie Assistite con Animali
(TAA): interventi finalizzati al miglioramento di alterazioni di disturbi
fisici, della sfera emotiva e cognitiva, conseguenza di determinate patologie e
malesseri emozionali e psicologici. Tale tipologia d’intervento prevede la
possibilità di monitorare sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo i
risultati raggiunti nelle diverse fasi terapeutiche realizzate da
professionisti specificamente formati; Educazione
assistita con Animali (EAA): raccoglie quei processi educativi che
prevedono l'impiego dell'animale. Generalmente rivolto alle Scuole.
Ovviamente
il personale che opera nel campo delle attività e delle terapie assistite dagli
animali, necessita di una formazione adeguata e di un perfezionamento continuo
affinché ogni progetto possa essere ideato, pianificato e realizzato nel modo
più aggiornato ed efficace possibile, nel rispetto delle esigenze dell’utente e
animale. Ora, su richiesta di alcuni lettori, diamo uno sguardo più
approfondito all’utilizzo della Pet Therapy con bambini affetti da particolari
patologie, grazie alla consulenza della psicoterapeuta cognitivo
comportamentale Liliana Bruno.
La Pet Therapy nei bambini dà risultati soddisfacenti?
Questa terapia si basa sul concetto che gli animali
hanno un ruolo fondamentale nel permettere ai bambini di aprire un canale
comunicativo, esternare le loro emozioni e imparare a relazionarsi proprio
attraverso il contatto fisico con essi. L’intervento degli
animali è mirato a stimolare l’attenzione, a stabilire un contatto visivo e
tattile, un’interazione sia dal punto di vista comunicativo che emozionale, a
favorire il rilassamento e a controllare ansia ed eccitazione, ad esercitare la
manualità anche per chi ha limitate capacità di movimento, a favorire la
mobilitazione degli arti superiori o di quelli inferiori. Gli animali contribuiscono, in taluni casi, al processo di guarigione,
migliorando disturbi di tipo fisico, motorio, emotivo, cognitivo, fisico e
psicologico. È importante ricordare sempre che la Pet Therapy è considerata una
co-terapia, ovvero è una terapia complementare, deve cioè affiancare, e
integrare, una terapia tradizionale e deve essere individualizzata per ogni
patologia; gli animali perciò sono considerati co-protagonisti dell’intervento
terapeutico.
È importante la relazione che l’animale instaura con il bambino?
Certo, importantissima! L’animale
ha libero accesso a quella zona definita da Hall (antropologo statunitense,
studente di prossemica) “ZONA INTIMA” che è
riservata alle figure di massima fiducia con le quali esiste un rapporto
affettivo significativo. La relazione tra uomo e animale crea così un legame di
attaccamento, basato appunto sulla fiducia, che viene in seguito trasferito
prima al terapeuta poi esteso agli altri individui. Attraverso attività ludiche
divertenti, il cane riesce ad agire positivamente sulla psiche umana liberando
energie positive e sensazioni di benessere e calma.
Quali sono le tipologie di pazienti più indicati per la Pet Therapy?
Studi
più recenti confermano l’efficacia
della Pet Therapy in:
-sindromi autistiche;
-bambini con sindromi genetiche e ritardi
mentali;
-nel recupero di pazienti con trauma cranici,
ictus, malattie generative
- persone che soffrono di depressione;
-persone diversamente abili sia dal punto di
vista fisico che psichico;
-in anziani istituzionalizzati: gli animali
creano un clima maggiormente domestico e famigliare,
aumentando
in tal modo il coinvolgimento sociale ed interpersonale del paziente;
Pensi ci sia ancora dello scetticismo intorno a questa pratica?
Nonostante In Italia il decreto Sirchia (aprile 2003) abbia sancito la Pet Therapy come attività
di appoggio riconosciuta dal Ministero della Sanità e molti ospedali abbiano
aperto le porte di vari reparti ad animali, spesso viene vista come mera
attività ludica che soddisfa le esigenze limitate di soggetti in difficoltà e
non come un valido supporto a terapie “scientificamente riconosciute”.
Che tipo di formazione devono avere gli operatori?
Per diventare operatore di Pet Therapy è
necessario iscriversi ad un corso di formazione dove poter acquisire le
competenze sia pratiche che teoriche per poter lavorare in questo settore. Competenze sia legate alle caratteristiche generali degli
animali coinvolti nella Pet Therapy, che alle diverse patologie e disabilità
con cui si avrà a che fare. Sono molte le associazioni e gli enti che
organizzano i corsi in tutt’Italia: tra queste l’Associazione
Italiana Pet Therapy, solo per fare un esempio.
È sempre necessario il supporto di uno psicologo?
È necessario un lavoro di equipe, tra diverse figure
professionali, tra cui lo psicologo, che possano progettare un percorso
terapeutico che tenga conto sia del benessere dell’ individuo che dell’animale
co-terapeuta. Il progetto dovrebbe prevedere attività che mirano a raggiungere
obiettivi a breve e a lungo termine, personalizzati ed adattati ad ogni singola
persona, in base ai suoi punti di forza e debolezza.
Tu che tipo di esperienza hai avuto?
La scorsa estate, durante un progetto denominato
“E..state sereni 2013” organizzato dalla Cooperativa TMA Group e rivolto a
bambini e ragazzi con autismo provenienti da tutta Italia, ho avuto modo di
collaborare con il Gruppo Cinofilo Dauno di Foggia ed altre associazioni del
territorio. I bambini sono entrati in contatto con cani, conigli, cavalli e
asini e, nonostante le loro difficoltà nell’interazione sociale e nella
comunicazione verbale, è stato molto emozionante osservare come riuscivano a
prendersi cura di questi animali, mettendo da parte le loro paure o
comportamenti eteroaggressivi, come si affidavano a loro, portandoli al
guinzaglio o facendo una passeggiata a cavallo. Gli animali hanno permesso ai
bambini di esprimere le loro emozioni con molta serenità e, attraverso questi,
sono entrati in contatto con altri adulti (i veterinari e i conduttori
cinofili), per i quali non avevano precedentemente mostrato nessun interesse.
A chi devono rivolgersi le famiglie – qui a Barletta - per
intraprendere questo percorso?
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